Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 12159 del 10 dicembre 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

Qualora il fallito, dopo la data dell'apertura della procedura concorsuale, intraprenda una nuova attività d'impresa, e si avvalga, per le operazioni finanziarie ad essa inerenti, di un conto corrente bancario, i relativi atti non ricadono nella sanzione di inefficacia dell'art. 44 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, la quale riguarda le diverse ipotesi in cui il fallito disponga di beni esistenti a quella data (e quindi a lui già sottratti), ma restano soggetti alle disposizioni dell'art. 42 secondo comma del citato decreto, in tema di sopravvenienze di ulteriori beni per titolo successivo al fallimento (cioè non dipendenti dalla gestione del patrimonio fallimentare o da rapporti giuridici preesistenti). Ne consegue che la curatela, in applicazione di tale ultima norma, ha facoltà di appropriarsi dei risultati positivi dell'indicata attività, al netto delle spese incontrate per la loro realizzazione, e, pertanto, può reclamare dalla banca il versamento soltanto del saldo attivo del predetto conto corrente, corrispondente all'utile dell'impresa, non anche la restituzione delle somme dal conto stesso uscite per pagamenti effettuati nell'esercizio dell'impresa medesima.

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