Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 26730 del 19 dicembre 2007

(2 massime)

(massima n. 1)

Avverso il provvedimento, adottato dal tribunale fallimentare prima della chiusura della procedura, di liquidazione del compenso finale al cessato curatore ai sensi dell'art. 39 legge fallim. (nel testo previgente al D.L.vo n. 5 del 2006), è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, che va proposto secondo la disciplina generale di cui al penultimo comma dell'art. 111 Cost.; ne consegue che il termine di sessanta giorni di cui all'art. 325, secondo comma, c.p.c. — decorrente dalla data della comunicazione del provvedimento d'ufficio all'interessato — non subisce alcuna riduzione della metà, non applicandosi una regola che, nella materia concorsuale, è dettata dal legislatore solo con riguardo a specifici atti della procedura.

(massima n. 2)

In tema di liquidazione del compenso al curatore cessato dalla carica prima della conclusione della procedura fallimentare, ai sensi dell'art. 39 legge fallim. (nel testo anteriore al D.L.vo n. 5 del 2006 che, riformulando la disposizione, non si applica ex art. 150 alle procedure pendenti alla sua entrata in vigore), il provvedimento adottabile in quella fase dal tribunale può avere per oggetto solo acconti, ma non il compenso definitivo, poichè il contributo di ciascun curatore ai risultati della procedura può valutarsi solo con le operazioni di chiusura della stessa, allorchè diviene possibile una disamina unitaria dei fatti rilevanti ai fini della liquidazione; ne consegue che anche il criterio di commisurazione del compenso all'attivo realizzato ed al passivo accertato, secondo il D.M. 28 luglio 1992, n. 570, non è decisivo per imputare a ciascun curatore rispettive quote individuate con esclusivo riferimento alla data di cessazione dalla carica, operando esso solo come criterio di valutazione e di limite e dovendo le posizioni dei predetti curatori essere esaminate come concorrenti ed in termini omogenei.

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