Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 9888 del 20 settembre 1991

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai fini della valutazione probatoria delle dichiarazioni di un soggetto non può prescindersi dalla qualificazione formale da lui assunta nel processo in cui sono state rese. Ne consegue che, dovendosi ascrivere la qualità di imputato soltanto a chi sia stato contestato un reato, deve essere considerato teste chi sia stato sentito nel processo senza che gli sia stata elevata in esso alcuna imputazione o senza che, in altro processo, gli sia stata elevata imputazione per lo stesso reato o per reato connesso. Pertanto, ai fini della valutazione della prova, mentre non può porsi in tale caso la necessità di riscontri, ai sensi dell'art. 192, terzo comma, c.p.p., rispetto a dichiarazioni che non abbiano acquistato la formale veste di chiamata di reità o di correità, il giudice deve porsi soltanto il problema dell'attendibilità del teste, in quanto non disinteressato. (Fattispecie in tema di dichiarazioni rese da acquirente di modica quantità di droga in ordine alla posizione del suo fornitore).

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