Cassazione penale Sez. I sentenza n. 3930 del 14 dicembre 1992

(1 massima)

(massima n. 1)

Nel vigore del codice abrogato quando la risoluzione di un conflitto dipendeva dalla determinazione del titolo del reato o dalla sussistenza di circostanze aggravanti e non poteva essere esclusa allo stato, in base ad una delibazione sommaria delle risultanze probatorie acquisite, la più grave delle prospettate ipotesi, il conflitto doveva essere risolto con la dichiarazione di competenza del giudice superiore, il quale era in grado di decidere definitivamente sulla gravità e sulla esatta configurazione giuridica del fatto. Il medesimo principio va riconfermato nel vigore dell'attuale codice di rito avendo l'art. 521 al primo comma riprodotto sostanzialmente la disposizione del primo comma dell'art. 477 del codice abrogato. Il giudice nella sentenza anche ora può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, purchè il reato non ecceda la sua competenza. Così pure l'art. 517 stabilisce che la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante, emersi nel corso dell'istruzione dibattimentale, può essere effettuata dal P.M. «purchè la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore», disposizione questa del tutto analoga a quella contenuta nell'art. 445 del codice abrogato.

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