Cassazione civile Sez. II sentenza n. 4537 del 19 maggio 1990

(1 massima)

(massima n. 1)

Il principio dell'obbligatorietà della lingua italiana si riferisce agli atti processuali in senso proprio (tra questi, i provvedimenti del giudice e gli atti dei suoi ausiliari, gli atti introduttivi del giudizio, le comparse e le istanze difensive, i verbali di causa) e non anche a documenti prodotti dalle parti; quando questi ultimi siano redatti in lingua straniera il giudice, ai sensi dell'art. 123 c.p.c., ha la facoltà e non l'obbligo di nominare un traduttore per cui il mancato esercizio di detta facoltà, specie quando trattasi di un testo di facile comprensibilità sia da parte dello stesso giudice che dei difensori, non può formare oggetto di censura in sede di legittimità.

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