Cassazione civile Sez. II sentenza n. 23490 del 5 novembre 2009

(1 massima)

(massima n. 1)

Non sussiste violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato allorché il giudice, qualificando giuridicamente in modo diverso rispetto alla prospettazione della parte i fatti da questa posti a fondamento della domanda, le attribuisca un bene della vita omogeneo, ma ridimensionato, rispetto a quello richiesto. Ne consegue che, proposta in primo grado una domanda di risoluzione per inadempimento di contratto preliminare, e di conseguente condanna del promittente venditore alla restituzione del doppio della caparra ricevuta, non pronunzia "ultra petita" il giudice il quale ritenga che il contratto si sia risolto non giā per inadempimento del convenuto, ma per impossibilitā sopravvenuta di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti (ex art. 1453, secondo comma, c.c.) e condanni il promittente venditore alla restituzione della sola caparra (la cui ritenzione č divenuta "sine titulo") e non del doppio di essa.

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