Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2776 del 5 marzo 1994

(2 massime)

(massima n. 1)

In materia di reati concernenti le armi, secondo la nozione data dall'art. 30 del R.D. 18 giugno 1931, n. 733, le armi proprie sono quelle da sparo e non, la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona. L'art. 45 del relativo regolamento, R.D. 6 maggio 1940, n. 695, poi, dispone che ai fini della legge sono considerati armi gli strumenti da punta e da taglio, come pugnali, stiletti e simili, la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona. Il loro porto, assolutamente vietato, è sanzionato con la pena dell'arresto dal cpv. dell'art. 699 c.p., le cui disposizioni sono fatte salve dall'art. 40 della L. n. 110 del 1975, e non con quella dell'ammenda prevista dal terzo comma dell'art. 4 di questa. Tale più lieve sanzione si riferisce chiaramente al porto delle cosiddette armi improprie, di quelle che pur avendo una specifica diversa destinazione, possono tuttavia servire all'offesa personale, secondo la definizione rinvenuta nello stesso art. 4, notevolmente ampliata rispetto a quella originariamente contenuta nel secondo comma dell'art. 42 — ora abrogato —, nell'art. 45 del D.P.R. 18 giugno 1931, n. 773, e nell'art. 80 del relativo regolamento, approvato con R.D. del 6 maggio 1940, n. 635.

(massima n. 2)

In tema di reati concernenti le armi, il porto di un'arma propria, naturalmente destinata all'offesa personale (quale ad esempio un pugnale con lama lunga 15 cm.) integra il reato di cui al secondo comma, dell'art. 699 c.p., e va punito con la sanzione ivi prevista (arresto da diciotto mesi a tre anni) e non già con quella più lieve (arresto da un mese ad un anno ed ammenda da lire 50.000 a 200.000) stabilita dal terzo comma dell'art. 4 della L. 18 aprile 1975, n. 110 che concerne il porto senza giustificato motivi delle cosiddette armi improprie.

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