Cassazione penale Sez. III sentenza n. 6199 del 21 giugno 1993

(4 massime)

(massima n. 1)

Il soggetto attivo del reato ex art. 733 c.p. può essere rappresentato sia dal proprietario sia dal possessore o dal detentore, dato che un'interpretazione eccessivamente restrittiva del termine «proprio» paradossalmente escluderebbe dalla tutela penale una serie di beni pubblici che in quanto res communes omnium non possono definirsi stricto sensu propri di determinate persone fisiche preposte alla loro effettiva salvaguardia.

(massima n. 2)

L'art. 733 c.p. prevede nella parte precettiva l'obbligo in capo a chi ha la disponibilità dei beni sia di prevenire ed evitare ogni forma di danneggiamento degli stessi, sia di fare tutto ciò che è opportuno per la buona conservazione del bene. La violazione di tale obbligo integra — sotto il profilo oggettivo — un reato di danno a forma libera e permanente. L'evento lesivo dell'oggetto materiale, infatti, può verificarsi sia attraverso un solo atto, istantaneamente, sia attraverso un comportamento continuo e prolungato, attivo o inerte, come per esempio il persistente stato di abbandono, tale da lasciare il bene materiale privo di ogni tutela da aggressioni umane (cosiddetto vandalismo), dai fattori naturali (insetti o agenti atmosferici) o da elementi chimico-fisici (i fattori inquinanti).

(massima n. 3)

La contravvenzione prevista dall'art. 733 c.p. incrimina chiunque distrugga, deteriori o comunque danneggi un monumento o altra cosa propria di rilevante pregio, purché ciò cagioni un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico della nazione. L'oggetto giuridico protetto da tale norma è rappresentato dal bene-interesse della collettività a godere e fruire di tutto ciò che materialmente attesta la civiltà nazionale nelle varie espressioni culturali di tutte le epoche.

(massima n. 4)

Nel caso di danneggiamento di beni culturali, cui all'art. 733 c.p., può essere giuridicamente configurabile anche il reato di cui agli artt. 650 c.p. e 70, L. 1 giugno 1939, n. 1089 nel caso di violazione dell'ordinanza della Soprintendenza ai monumenti, con la quale si imponga di provvedere alle opere di conservazione e restauro delle cose di interesse storico e artistico.

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