Cassazione penale Sez. III sentenza n. 3624 del 19 marzo 1999

(3 massime)

(massima n. 1)

La contravvenzione di cui all'art. 733 c.p. (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale) costituisce un presidio esterno al sistema di tutela apprestato dalla legge 1 gennaio 1939, n. 1089, che tra le sue figure di reato contempla anche il danneggiamento delle cose d'antichità e d'arte. Pertanto la tutela codicistica è residuale rispetto alla più incisiva protezione fornita dalla legge del 1939 che presuppone che la cosa di antichità e d'arte sia stata individuata dalla competente autorità e, quindi, sottoposta a speciale tutela, mentre il reato codicistico (art. 733 c.p.) non ha tra i suoi dati costitutivi la preselezione da parte dell'autorità del bene culturale e costituisce una eccezione al danneggiamento comune, che non è configurabile quando abbia per oggetto cosa propria dell'agente. Per la integrazione del reato di cui all'art. 733 c.p. basta la conoscenza del rilevante pregio della cosa, e non della culturalità del bene, ed il verificarsi del nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico derivante dal fatto.

(massima n. 2)

La struttura della contravvenzione di cui all'art. 733 c.p. e del danneggiamento delle cose d'antichità e d'arte previsto dalla legge 1089 del 1939, e la rispettiva funzione di tutela suppletiva o diretta, rendono evidente che le due fattispecie non possono concorrere nella tutela dello stesso fatto. In particolare con l'art. 733 c.p. all'agente viene richiesto solo di conoscere il rilevante pregio della cosa, mentre il nocumento non deve riguardare la cosa stessa, ancorché di interesse culturale eccezionale, ma lo stesso patrimonio nazionale unitariamente considerato.

(massima n. 3)

Nel danneggiamento previsto dagli artt. 11 e ss. della legge 1 giugno 1939, n. 1089 il bene culturale ha una tutela diretta, perché già individuato dall'autorità, mentre nel danneggiamento di cui all'art. 733 c.p. questo accertamento manca, e la culturalità rileva obiettivamente solo ai fini della punibilità, purché il pregiudizio sia gigante. Ne consegue che mentre nel primo caso la culturalità del bene è già stata stabilita nei modi previsti e dalla competente autorità amministrativa, nel secondo il pregiudizio e la sua entità devono essere determinati dal giudice.

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