Cassazione penale Sez. I sentenza n. 6959 del 14 luglio 1997

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di armi e materie esplodenti, l'ambito di applicabilità dell'art. 678 c.p. è limitato — oltre ad alcune ipotesi residuali non ricadenti per mancanza di una espressa previsione sotto l'impero di una normativa speciale — alle condotte aventi ad oggetto le materie esplodenti che, in rapporto alle circostanze del caso concreto, non presentino il carattere della «micidialità»; quest'ultimo carattere è insito nella sottospecie delle materie esplodenti rappresentata da quei composti chimici, o miscugli di composti chimici, specificamente fabbricati e manipolati allo scopo di produrre effetti detonanti, deflagranti o dirompenti per impiego bellico o civile, indicati comunemente come esplosivi: siffatta situazione può peraltro determinarsi anche quando non si tratti propriamente di esplosivi, vale a dire di materie appositamente studiate e realizzate per cagionare con il loro uso conseguenze devastanti, bensì di materie che in determinate condizioni ambientali, di cui il detentore sia consapevole, possono acquisire la stessa potenzialità lesiva. (Nella fattispecie, la corte di merito — riformando la sentenza del tribunale che aveva ritenuto la sussistenza dell'ipotesi delittuosa di cui all'art. 10 della legge 14 ottobre 1974, n. 497 — aveva qualificato il fatto della detenzione di 50 «cipolle» e 70 «tracchi ad otto girate» come violazione dell'art. 678 c.p. La Suprema Corte, in applicazione del principio di cui in massima ed in accoglimento del ricorso proposto dal procuratore generale, ha annullato con rinvio l'impugnata decisione, osservando che la tipologia degli oggetti detenuti dall'imputato e sottoposti a sequestro, il loro numero rilevante, la concentrazione in un unico contenitore — elementi minuziosamente descritti nella sentenza di primo grado — avrebbero dovuto indurre la corte d'appello a compiere una valutazione della condotta dell'imputato stesso, eventualmente anche con l'ausilio della perizia tecnica richiesta dalla difesa, che tenesse conto non tanto della destinazione apparentemente ludica delle «cipolle» e dei «tracchi», quanto piuttosto della entità dei danni a cose e persone che un'eventuale esplosione simultanea degli ordigni avrebbe potuto causare).

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