Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2314 del 4 febbraio 1992

(2 massime)

(massima n. 1)

Il diritto di rinunciare all'amnistia previsto dall'art. 5 D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, compete solo all'imputato e non all'indagato in quanto presuppone l'esistenza di un «processo» e non semplicemente di una notizia di reato, seguita o meno da indagini, e non potendosi ritenere la sussistenza dell'obbligo del pubblico ministero di esercitare l'azione penale al solo scopo di consentire all'indagato di dimostrare la sua innocenza.

(massima n. 2)

Il dolo richiesto dalla contravvenzione di cui all'art. 660 c.p. (molestia o disturbo alle persone), ricorre anche quando l'agente esercita, o crede di esercitare, un proprio diritto, ma in modo tale da arrecare molestia al soggetto passivo, con specifico malanimo o dispetto per un qualsiasi biasimevole motivo. (Fattispecie relativa a ritenuta sussistenza del reato poiché l'imputato, non affidatario, era intervenuto con modalitą inammissibili per influire sulla educazione del figlio, ponendo in essere, con petulanza, atti pressanti, impertinenti e vessatori, influenti nella sfera di libertą e di quiete del minore, mentre avrebbe potuto rivolgersi alle autoritą giudiziarie con ulteriori procedure).

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