Cassazione penale Sez. I sentenza n. 3494 del 7 gennaio 1994

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della sussistenza del reato di cui all'art. 660 c.p., per «petulanza», deve intendersi un modo di agire pressante, indiscreto e impertinente, che sgradevolmente interferisca nella sfera della libertą e della quiete di altre persone; mentre per «biasimevole motivo» si deve intendere pił genericamente ogni altro movente che sia riprovevole in se stesso o in relazione alla qualitą della persona molestata e che abbia praticamente su quest'ultima gli stessi effetti della petulanza.

(massima n. 2)

Il giudizio di comparazione previsto dall'art. 69 c.p. si riferisce esclusivamente alle circostanze del reato tra le quali non puņ essere ricompresa la continuazione, che non č costituita da un reato circostanziato, ma da pił reati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso.

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