Cassazione penale Sez. III sentenza n. 6417 del 25 giugno 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

Quando a seguito di ricerche archeologiche abusive si rinvengano cose prive di interesse culturale ancorché appartenenti ad antiche civiltà, trattandosi di cose mobili di pregio, la loro appartenenza segue le regole del tesoro, appartiene cioè al proprietario del fondo (art. 932, secondo comma, c.c.), e il loro impossessamento costituisce furto ai danni del proprietario del fondo. Infatti, questi ha la detenzione del tesoro, ancorché non ne conosca l'esistenza, ai fini dell'art. 624 c.p., perché il tesoro è incorporato nel fondo del quale il proprietario ha il possesso e perché la legge penale punisce, quale figura di appropriazione indebita minore colui che, avendo trovato un tesoro, si appropria in tutto o in parte della quota dovuta al proprietario del fondo (art. 647, primo comma, n. 2, c.p.), purché sia stato scoperto per il solo effetto del caso (art. 932, secondo comma, c.c.): ciò conferma che se clandestinamente si sottrae dal fondo altrui un tesoro chi se ne impossessa risponde di furto.

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