Cassazione civile Sez. II sentenza n. 4891 del 26 aprile 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

Il giudizio di divisione ereditaria deve svolgersi necessariamente, a norma dell'art. 784 c.p.c., nei confronti di tutti coloro che partecipano alla comunione al momento della proposizione della domanda, mentre non ricorre la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dell'acquirente di uno dei beni controversi in pendenza di giudizio, non operando il trasferimento a titolo particolare del diritto controverso alcun effetto sul rapporto processuale (art. 111 c.p.c.). Pertanto, l'acquirente di un bene ereditario che siasi costituito in giudizio a seguito di chiamata iussu iudicis, sull'erroneo presupposto della necessaria estensibilità del litisconsorzio nei suoi confronti, riveste una posizione processuale analoga a quella dell'interveniente volontario, al quale non è dato opporre alcunché circa la validità e l'efficacia delle prove ritualmente ammesse ed espletate prima del suo intervento.

(massima n. 2)

In tema di divisione ereditaria il principio posto dall'art. 729 c.c., secondo cui l'assegnazione delle porzioni eguali è fatta mediante estrazione a sorte non ha carattere assoluto, essendo consentito al giudice di derogarvi allorché la predetta soluzione presenti degli inconvenienti, che peraltro debbono essere opportunamente valutati. Ne deriva che il principio anzidetto è violato quando, pur risultando la coincidenza di valore dei vari lotti, il giudice proceda con il criterio dell'assegnazione diretta, senza indicare alcuna ragione per l'esclusione del sorteggio.

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