Cassazione civile Sez. II sentenza n. 2367 del 9 marzo 1988

(2 massime)

(massima n. 1)

Con riguardo alla disciplina del passaggio coattivo (artt. 1051 e 1052 c.c.) mentre l'ipotesi del fondo che abbia un accesso inadatto ed insufficiente alla via pubblica (art. 1052 c.c.) postula — perché possa non di meno costituirsi coattivamente la servitù di passaggio — l'impossibilità dell'ampliamento dell'accesso già esistente, invece nell'ipotesi dell'ampliamento del passaggio preesistente, quale prevista dal terzo comma dell'art. 1051 c.c., il giudice deve stabilire se sia più opportuno ampliare la servitù esistente ovvero costituirne una nuova su un altro fondo, tenendo conto della maggiore facilità dell'accesso alla via pubblica e del minore aggravio per il fondo servente.

(massima n. 2)

L'ultimo comma dell'art. 1051 c.c., che esenta dalla servitù coattiva di passaggio le case, i cortili, i giardini e le aree ad esso attinenti, contiene un'elencazione tassativa che trova la sua ratio nell'esigenza di tutelare l'integrità delle case di abitazione e degli accessori che le rendono più comode e quindi, per stabilire se sussista o meno l'ipotesi del cortile o del giardino occorre aver riguardo alla loro destinazione non soltanto attuale, ma anche potenziale, desumibile dalla situazione dei luoghi. (Nella specie la S.C. ha confermato la pronuncia del giudice del merito che aveva ritenuto che sussisteva la condizione ostativa alla costituzione della servitù di passaggio in un'ipotesi in cui l'area, su cui l'attore aveva domandato la costituzione della servitù, era stata destinata dal convenuto a giardino dopo la notifica dell'atto di citazione).

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