Cassazione penale Sez. V sentenza n. 7756 del 18 agosto 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

Il delitto di cui all'art. 578 c.p. nella sua attuale formulazione dopo la modifica intervenuta con l'art. 2, L. 5 agosto 1981, n. 442, si differenzia da quello di omicidio ex art. 575 stesso codice perché richiede non solo che la morte del neonato sia stata cagionata «immediatamente dopo il parto», ma anche che il fatto sia stato «determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto» (avendo il legislatore abbandonato la precedente ragione dell'incriminazione speciale consistente nel fine di salvare l'onore proprio e di un prossimo congiunto). Le suddette condizioni devono sussistere congiuntamente, cioè le une e le altre; devono esistere oggettivamente e non essere soltanto semplicemente supposte; infine devono essere connesse al parto, nel senso che, in conseguenza della loro oggettiva esistenza, la madre ritenga di non poter assicurare la sopravvivenza del figlio subito dopo il parto. (In motivazione, la Suprema Corte ha chiarito che le condizioni di abbandono materiale e morale possono ritenersi sussistenti solo quando la madre sia lasciata in balia di se stessa e venga a trovarsi al momento del parto, o subito prima o dopo di esso, in uno stato di derelizione ovvero di isolamento tale che non consente l'intervento o l'aiuto di terzi, né un qualsiasi soccorso fisico o morale; e che quando, invece, lo stato di abbandono materiale e morale viene volontariamente creato e mantenuto, se la morte interviene ed è collegata causalmente a tali condizioni che hanno a loro volta determinato l'evento letale, il fatto è riconducibile all'ipotesi legislativa dell'omicidio volontario).

(massima n. 2)

Il delitto di cui all'art. 578 c.p. nella sua attuale formulazione dopo la modifica intervenuta con l'art. 2, L. 5 agosto 1981, n. 442, si differenzia da quello di omicidio ex art. 575 stesso codice perché richiede non solo che la morte del neonato sia stata cagionata «immediatamente dopo il parto», ma anche che il fatto sia stato determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto» (avendo il legislatore abbandonato la precedente ragione dell'incriminazione speciale consistente nel fine di salvare l'onore proprio e di un prossimo congiunto). Le suddette condizioni devono sussistere congiuntamente, cioè le une e le altre; devono esistere oggettivamente e non essere soltanto semplicemente supposte; infine devono essere connesse al parto, nel senso che, in conseguenza della loro oggettiva esistenza, la madre ritenga di non poter assicurare la sopravvivenza del figlio subito dopo il parto. (In motivazione, la Suprema Corte ha chiarito che le condizioni di abbandono materiale e morale possono ritenersi sussistenti solo quando la madre sia lasciata in balia di se stessa e venga a trovarsi al momento del parto, o subito prima o dopo di esso, in uno stato di derelizione ovvero di isolamento tale che non consente l'intervento o l'aiuto di terzi, né un qualsiasi soccorso fisico o morale; e che quando, invece, lo stato di abbandono materiale e morale viene volontariamente creato e mantenuto, se la morte interviene ed è collegata causalmente a tali condizioni che hanno a loro volta determinato l'evento letale, il fatto è riconducibile all'ipotesi legislativa dell'omicidio volontario).

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