Cassazione penale Sez. III sentenza n. 4066 del 7 maggio 1997

(1 massima)

(massima n. 1)

Il delitto di vendita di prodotti industriali con segni mendaci si consuma con la messa in vendita o in circolazione di tali prodotti. Non è quindi penalmente rilevante la loro mera detenzione senza che gli stessi possano dirsi in vendita, non consentendo l'art. 517 c.p., quanto alla messa in vendita, la figura del tentativo. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso del P.M., la S.C. ha osservato che, trattandosi di un reato di pericolo, la cui obiettività giuridica è data dalla tutela dell'ordine economico che deve essere garantito dagli inganni tesi ai compratori e resi possibili dai complessi e quotidiani rapporti, rapidi e superficiali, con i venditori al dettaglio o con i gestori di pubblici esercizi, correttamente è stata riconosciuta l'inidoneità della condotta dell'agente a trarre in inganno l'eventuale acquirente dei prodotti con false griffe detenuti per la vendita, tenuto conto sia della personalità dell'agente - cittadino extracomunitario, che comunemente non gode di fiducia da parte di eventuali acquirenti circa l'originalità dei prodotti offerti - sia della grossolanità della contraffazione, la cui riconoscibilità da parte di un consumatore di media diligenza «in ogni passaggio commerciale del prodotto successivo a quello originato dall'ambulante extracomunitario» esclude la configurabilità del reato sotto il profilo, segnalato dal ricorrente, che il bene possa pervenire a terzi meno appariscenti e in grado di esitarlo con maggiore credibilità).

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