Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 338 del 26 febbraio 1973

(1 massima)

(massima n. 1)

Per la sussistenza del delitto di frode nell'esercizio del commercio non occorrono artifizi e raggiri da parte del venditore, essendo insito l'inganno nella obiettività della consegna di una cosa per un'altra (aliud pro alio), ovvero di una cosa per origine, qualità o quantità diversa da quella dichiarata o pattuita. L'accettazione della cosa e la corresponsione del prezzo da parte dell'acquirente non incidono sulla sussistenza del reato, che non fa parte dei delitti contro il patrimonio, sibbene dei delitti contro l'industria e il commercio; sicché il consenso della parte che fa l'acquisto non può derogare, con la sua semplice tolleranza o acquiescenza, alla disposizione di ordine pubblico. (Nella specie è stata ritenuta la sussistenza del reato nei confronti di un venditore che, richiesto di un determinato quantitativo di formaggio, aveva calcolato al prezzo del formaggio anche la cartapaglia usata per avvolgerlo, pur essendo l'operazione avvenuta alla presenza dell'acquirente, che aveva accettato la merce e pagato il prezzo richiesto).

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