Cassazione penale Sez. I sentenza n. 266 del 28 febbraio 1992

(3 massime)

(massima n. 1)

Anche nella disciplina prevista dal nuovo codice di procedura penale l'attività del pubblico ministero in sede esecutiva conserva natura essenzialmente amministrativa e non giurisdizionale, per cui è da escludere che il provvedimento di c.d. «cumulo» adottato dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 663 c.p.p. acquisti, ancorchè non impugnato, carattere di irrevocabilità, dovendosi, al contrario ritenere che esso vada modificato o sostituito in relazione all'insorgere di fatti nuovi (sopravvenienza di nuovi titoli esecutivi, necessità di applicazione o di revoca di benefici, etc.), i quali impongano la ridefinizione della pena unica da espiare.

(massima n. 2)

In caso di pene inflitte con plurime sentenze per reati commessi, in parte, prima dell'inizio della espiazione e, in parte, nel corso di questa, occorre unificare anzitutto quelle relative a tutti i reati del primo gruppo e poi procedere a tanti distinti e successivi cumuli quanti sono i reati commessi nel corso dell'espiazione, secondo il loro ordine cronologico, comprendendo in ciascuno dei cumuli parziali la porzione di pena determinata con il cumulo precedente, che doveva ancora essere espiata alla data di commissione del nuovo reato, unitamente alla pena relativa a quest'ultimo, e così via fino all'ultimo dei reati per cui è intervenuta condanna.

(massima n. 3)

La regola posta dall'art. 78 c.p. non vuol significare che un soggetto, il quale abbia riportato plurime condanne a pene temporanee, non possa rimanere detenuto per un periodo complessivamente superiore (quando si tratti di reclusione) a trenta anni, essendo detto limite suscettibile necessariamente di superamento quando il medesimo soggetto, nel corso della espiazione, commetta ulteriori reati la cui pena dovrà essere aggiunta, mediante formazione di un nuovo provvedimento di cumulo, a quella che risultava da espiare alla data di commissione di detti reati.

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