Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 4460 del 19 aprile 1994

(4 massime)

(massima n. 1)

Ai fini dell'applicazione del disposto dell'art. 545 c.p.p. del 1930, concernente l'annullamento parziale della impugnata sentenza da parte della Cassazione, per «parti non annullate della sentenza» devono intendersi quelle in ordine alle quali si è ormai del tutto esaurita ogni possibilità di decisione del giudice di merito e, contestualmente, completato l'iter processuale e che hanno, così, acquistato, perché definitive, «autorità di cosa giudicata», mentre il rapporto di «connessione essenziale» tra parti annullate e parti non annullate della sentenza deve intendersi, fuori delle ipotesi disciplinate dall'art. 45 stesso codice, come necessaria interdipendenza logico giuridica tra le parti suddette, nel senso che l'annullamento di una di esse provochi inevitabilmente il riesame di altra parte della sentenza seppur non annullata. (La Cassazione ha altresì affermato che per «parte» della sentenza deve intendersi qualsiasi statuizione che abbia una sua propria autonomia giuridico-concettuale).

(massima n. 2)

In tema di annullamento parziale della sentenza impugnata da parte della Cassazione, il principio della formazione progressiva del giudicato - desumibile da una corretta interpretazione del disposto dell'art. 545 comma primo c.p.p. del 1930 (e parallelamente dell'art. 624, comma 1, nuovo c.p.p.) - che ne importa la configurabilità in ordine alle parti non annullate della sentenza concernenti l'esistenza del reato e la responsabilità dell'imputato e non in rapporto di connessione essenziale con quelle annullate, legittima la conclusione che esclude la operatività delle cause di estinzione del reato, relativamente alle parti della decisione sulle quali si è formato il giudicato, non potendo l'art. 152 c.p.p. del 1930 (e l'art. 129 nuovo c.p.p.), che pur prevede l'efficacia di dette cause in ogni stato e grado del procedimento, superare la «barriera del giudicato», essendosi per quelle parti della sentenza che tale autorità hanno acquistato, ormai concluso, in maniera definitiva, il loro iter processuale .

(massima n. 3)

In tema di contrabbando, la circostanza aggravante prevista dall'art. 295, secondo comma, lett. c), D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 per il caso in cui il fatto sia connesso con altro delitto contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione, ha carattere oggettivo e può comunicarsi, ricorrendo le condizioni di cui al secondo comma dell'art. 59 c.p., a tutti i concorrenti, anche nell'ipotesi in cui il reato connesso sia estinto.

(massima n. 4)

In tema di estinzione della pena per decorso del tempo, l'art. 172 c.p. individua il relativo dies a quo nel momento in cui la sentenza di condanna è divenuta «irrevocabile», aggettivo, quest'ultimo, che indica la connotazione della sentenza richiesta dalla legge per la sua concreta utilizzazione come titolo esecutivo. (Fattispecie in cui la difesa del ricorrente sosteneva che il principio della formazione progressiva del giudicato, conseguente ad annullamento parziale dell'impugnata sentenza da parte della Cassazione, ex art. 545, comma primo, c.p.p. del 1930, contrasterebbe con il disposto dell'art. 172 c.p., che postula l'esistenza di un unico dies a quo dal quale comincia a decorrere il termine prescrizionale della pena; la Cassazione ha ritenuto infondato tale assunto sul rilievo che la «definitività» del giudicato va distinta dalla sua «eseguibilità», la quale, nel caso appunto di giudicato «parziale», è differita al successivo momento in cui la sentenza sia divenuta definitiva in ogni sua parte).

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