Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1485 del 13 febbraio 1995

(2 massime)

(massima n. 1)

L'art. 1 della L. 7 febbraio 1990, n. 19, che ha modificato l'art. 59 c.p., ha sostituito al criterio della valutazione oggettiva delle aggravanti quello dell'attribuzione all'agente sulla base dell'effettiva conoscenza di esso o della ignoranza addebitabile quanto meno a colpa. Pertanto, ai fini dell'applicazione dell'aggravante prevista dall'art. 378, cpv. c.p., occorre dimostrare che l'agente conosca che la persona favoreggiata č ricercata per il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso ovvero ignori per colpa tale circostanza.

(massima n. 2)

La recidiva, pur potendo comportare in alcune ipotesi un aumento della pena superiore ad un terzo (art. 99, cpv. 2, c.p.), č una circostanza inerente alla persona del colpevole (art. 70 c.p.), e non gią ad effetto speciale. Conseguentemente, ove essa concorra con una circostanza aggravante ad effetto speciale, dovrą farsi luogo ad un duplice aumento di pena, non potendo trovare applicazione l'art. 63, cpv 3, c.p., secondo il quale si applica solo la pena stabilita per la circostanza pił grave. (Fattispecie qualificata dalla sussistenza della recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale e della circostanza aggravante di cui all'art. 80 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 in tema di stupefacenti).

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