Cassazione penale Sez. V sentenza n. 580 del 18 aprile 1996

(2 massime)

(massima n. 1)

Adempie all'obbligo della motivazione il giudice che, applicando l'art. 444 c.p.p., si limita a rilevare che non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p.; questo basta a dimostrare che «non è mancata» siffatta valutazione negativa, né occorrono ulteriori precisazioni. Ma quando una specifica causa estintiva viene dedotta dopo la richiesta di pena concordata e prima della decisione, la specialità del procedimento non può giustificare un «minor rigore» nell'osservanza del principio generale sancito dagli artt. 111, comma 1, della Costituzione e 125, comma 3, c.p.p. (relativo all'obbligo della motivazione). (Nella specie la S.C., nell'annullare la sentenza impugnata, ha osservato che la risposta del giudice, che escludeva l'applicazione del cosiddetto «condono» e riteneva di dar corso all'originaria richiesta di pena, risultava sommaria, non bene articolata e compiuta in relazione ai rilievi del richiedente).

(massima n. 2)

In tema di bancarotta fraudolenta, l'amministratore in carica risponde penalmente dei reati commessi dall'amministratore di fatto, sia se abbia agito di comune accordo con questi, sia in virtù dei principi generali che regolano la responsabilità penale. Da un canto, infatti, l'art. 40, comma 2 c.p. stabilisce che «non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo», dall'altro l'art. 2392 c.c. fa carico agli amministratori del dovere di vigilare sul generale andamento della gestione, nonché di quello di fare quanto in loro potere per impedire il compimento di atti pregiudizievoli, ovvero di eliminare o attenuarne le conseguenze dannose. (Fattispecie nella quale la S.C. ha respinto l'argomentazione del ricorrente, che aveva rivestito la carica di amministratore unico di una srl, secondo la quale alcuna responsabilità gli si poteva attribuire, in difetto della concreta esplicazione dei poteri riconducibili alla carica).

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