Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2097 del 29 settembre 1989

(2 massime)

(massima n. 1)

Fuori del caso di violazione di una medesima disposizione di legge, per il giudizio sulla identità dell'indole di due reati, ai sensi dell'art. 101 cod. pen., riguardo alla natura dei motivi, è sufficiente anche la sola affinità di questi, quando sia tale da conferire, nel caso concreto, caratteri psicologici fondamentalmente comuni agli stessi reati. Tale giudizio si risolve, quindi, in una valutazione discrezionale del fatto, che non è censurabile in sede di legittimità allorquando sia privo di vizi di logica e di diritto. (Nella specie è stata ritenuta l'identità dell'indole tra il furto in casa di abitazione e la detenzione di stupefacenti in base alla omogeneità dei motivi: scopo di lucro).

(massima n. 2)

La recidiva, sia in quanto costituisce uno status personale dell'imputato (o dell'interessato), sia in quanto rappresenta una circostanza aggravante del reato, può essere presa in considerazione, ad ogni effetto giuridico, solo se dichiarata dal giudice di merito. Tale principio vale anche in tema di estinzione della pena a seguito di decorso del tempo, che necessita di una dichiarazione giudiziale, sicché non è consentito al giudice della esecuzione, ai fini dell'art. 172, settimo comma, c.p., desumere la recidiva dall'esame del certificato penale, in mancanza di una dichiarazione giudiziale emessa in sede cognitiva.

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