Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2128 del 16 giugno 2000

(2 massime)

(massima n. 1)

In materia di diffamazione a mezzo stampa, se può dunque affermarsi, in via di principio, che la aperta inverosimiglianza dei fatti espressi in forma satirica esclude la loro capacità di offendere la reputazione e dunque che la satira è incompatibile col metro della verità, essa non si sottrae invece al limite della continenza, poiché comunque rappresenta una forma di critica caratterizzata da particolari mezzi espressivi. Ne consegue che, come ogni altra critica, la satira non sfugge al limite della correttezza, onde non può essere invocata la scriminante ex art. 51 c.p. per le attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli, gli accostamenti volgari o ripugnanti, la deformazione dell'immagine in modo da suscitare disprezzo o dileggio. Pertanto, pur dovendosi valutare meno rigorosamente le espressioni della satira sotto il profilo della continenza non di meno la satira stessa, al pari di qualsiasi altra manifestazione del pensiero, non può infrangere il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona al disprezzo e al ludibrio della sua immagine pubblica.

(massima n. 2)

La pena dell'ergastolo, in quanto pena detentiva perpetua, non è condonabile in parte, ma soltanto, per eventuale volontà del legislatore, in toto ovvero, sempre in forza della medesima volontà, convertibile in pena di altra specie, di guisa che ad essa non può essere applicato, in mancanza di una specifica norma, l'indulto previsto in via generale soltanto per le pene detentive temporanee.

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