Cassazione penale Sez. III sentenza n. 3114 del 15 marzo 1994

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della procedibilità, pur in assenza di querela, di reati in materia sessuale, quando questi, secondo quanto previsto dall'art. 542, terzo comma, n. 2, c.p., siano connessi con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio, la operatività della connessione non può essere esclusa solo sulla base della formula con la quale l'imputato sia stato assolto da detto ultimo delitto, essendo invece al riguardo decisiva la verifica se, in concreto, il fatto, nella sua materialità, abbia comunque la consistenza dell'illecito penale e possa quindi rimuovere l'ostacolo (mancanza di querela), all'esercizio della azione penale in ordine al reato sessuale. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che la operatività, con riguardo a reato di violenza carnale, del citato art. 542, terzo comma, n. 2, c.p., fosse impedita sol perché l'imputato era stato prosciolto dal connesso reato di sequestro di persona con la formula — peraltro ritenuta dalla stessa Corte erronea — di «non aver commesso il fatto»).

(massima n. 2)

Non può ritenersi inquadrabile nell'ambito delle situazioni soggettive che, solo eccezionalmente, alla stregua di quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 364/1988 (dichiarativa della parziale incostituzionalità dell'art. 5 c.p.), consentono di ritenere inoperante il principio generale, tuttora valido, della inescusabilità della ignoranza della legge penale, la situazione di chi, sol perché straniero, adduca a sua giustificazione la diversità della legge italiana rispetto a quella del suo paese d'origine. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che potesse attribuirsi rilevanza, in un caso di violenza carnale presunta, in quanto commessa su soggetto infraquattordicenne, all'assunto difensivo dell'imputato, cittadino marocchino, secondo il quale in Marocco i rapporti sessuali con minori sarebbero considerati leciti dalla legge).

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