Cassazione civile Sez. I sentenza n. 2201 del 31 gennaio 2007

(3 massime)

(massima n. 1)

L'art. 810 c.p.c., che disciplina la nomina degli arbitri, non prevede che l'atto con il quale una parte rende noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri, contenga anche la precisa formulazione dei quesiti. Pertanto, qualora il c.d. atto di accesso contenga soltanto una sommaria, ma inequivoca indicazione di quale sia la materia del contendere, ben può il collegio arbitrale fissare un temine per la precisazione dei quesiti.

(massima n. 2)

La disposizione dell'art. 244 c.p.c., con la quale è imposto alla parte di specificare i fatti da dedurre a prova in articoli separati, ha il duplice scopo di consentire all'avversario di formulare i capitoli di prova contraria indicando i propri testimoni e di dare modo al giudice di valutare se la prova richiesta sia concludente e pertinente; specie in relazione a tale ultimo scopo, la norma in questione deve considerarsi di carattere cogente, sicché la sua inosservanza, da parte di chi propone la prova, determina l'inammissibilità del mezzo istruttorio che, ove erroneamente ammesso ed espletato, non potrà essere tenuto in considerazione dal giudice

(massima n. 3)

La motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di impugnazione per nullità del lodo, in relazione a violazione delle regole sulla interpretazione del contratto, è legittima purché il giudice della impugnazione, facendo proprie le argomentazioni degli arbitri, consenta di ritenere che alla affermazione di condivisione del giudizio finale espresso da questi ultimi sulla interpretazione delle clausole contrattuali sia pervenuto attraverso l'esame e la valutazione di infondatezza delle censure mosse dall'impugnante in termini adeguatamente specifici, ovverosia mediante la puntuale indicazione dei criteri ermeneutici non osservati e non con la mera deduzione di un'interpretazione diversa.

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