Cassazione civile Sez. III sentenza n. 5991 del 17 novembre 1979

(1 massima)

(massima n. 1)

Il comportamento delle parti e dei difensori nel giudizio è disciplinato dalla legge (artt. 88, 89 c.p.c.) in quanto nell'interesse superiore della giustizia e in quello particolare dei contendenti, la lite giudiziaria deve svolgersi correttamente con una condotta sempre ispirata a lealtà e probità e nel reciproco rispetto. La violazione delle norme di comportamento dà al giudice il potere di disporre, anche di ufficio, la cancellazione delle espressioni sconvenienti e ingiuriose, e tale potere può essere esercitato pure nel giudizio di legittimità per quanto riguarda le frasi offensive contenute negli atti diretti alla Corte di cassazione, la quale, in questa ipotesi, giudica anche nel merito. Ai sensi dell'art. 89 c.p.c., il giudice con la sentenza che decide la causa può assegnare alla persona offesa dalle frasi offensive contenute negli scritti difensivi della controparte o del suo patrocinatore una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale sofferto, solo quando le espressioni non riguardano l'oggetto della causa. Non si applica, pertanto, nel processo civile l'art. 598 c.p., che per l'assegnazione di una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, richiede la pertinenza delle frasi offensive all'oggetto della causa e del ricorso amministrativo, sia perché la norma del codice processuale civile è posteriore a quella del codice penale, sia soprattutto perché essa riguarda specificamente il giudizio civile, con la conseguenza che l'ambito di applicazione dell'art. 598 c.p. resta limitato al processo penale e a quello davanti all'autorità amministrativa. A norma dell'art. 89 c.p.c. le espressioni contenute negli scritti difensivi non debbono, nella forma e nel contenuto, eccedere i limiti di un civile esercizio del diritto di difesa e di critica, sicché le manifestazioni passionali e incomposte, caratterizzante dall'intento di offendere la controparte e i suoi difensori, costituendo abuso di quel diritto, debbono essere represse anche se abbiano attinenza con l'oggetto della causa; inoltre, devono essere cancellate le frasi che, pur nell'esercizio del diritto di critica nei confronti della decisione impugnata e dell'opera del magistrato, eccedono i limiti del rispetto dovuto ai giudici e all'amministrazione della giustizia.

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