Cassazione civile Sez. III sentenza n. 11063 del 26 luglio 2002

(2 massime)

(massima n. 1)

La cancellazione delle espressioni offensive e il risarcimento del danno previsti dall'art. 89 c.p.c. sono sanzioni diverse, distinte ed autonome: pertanto la prima, che non ha alcuna finalità risarcitoria, ma attua un fine preventivo, di polizia generale, impedendo l'immanenza di una causa di danno, può aver luogo senza la seconda a viceversa. L'insussistenza di alcun rapporto di pregiudizialità fa sì che la sanzione del risarcimento del danno non è subordinata alla preventiva cancellazione.

(massima n. 2)

La sussistenza dei presupposti per il risarcimento del danno di cui all'art. 89 c.p.c., il cui riconoscimento costituisce peraltro esercizio di un potere di cui all'art. 89 c.p.c., il cui riconoscimento costituisce peraltro esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità, va esclusa allorquando le espressioni contenute negli scritti difensivi non siano dettate da un passionale e incomposto intento dispregiativo e non rivelino perciò un intento offensivo nei confronti della controparte, ma, conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive, siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni. Né è precluso che nell'esercizio del diritto di difesa, il giudizio sulla condotta reciproca possa investire anche il profilo della moralità, fattore non del tutto estraneo per contestare la credibilità delle affermazioni dei contendenti.

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