Cassazione civile Sez. VI-2 sentenza n. 3338 del 2 marzo 2012

(2 massime)

(massima n. 1)

Il dovere di lealtà e probità processuale, che grava sulle parti e sui loro difensori, a norma dell'art. 88, primo comma, cod. proc. civ., impone all'avvocato, cui sia stata sollecitata una presa di posizione su di un'istanza chiara e ben definita, non solo di rispondere, ma anche di esprimersi in maniera altrettanto comprensibile e, soprattutto, di attenersi ad una logica di tipo binario, che non ammette formule di dubbia lettura, né ipotesi terze fra l'affermazione e la negazione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la dichiarazione di "rimettersi" alla decisione del giudice, formulata da un difensore in presenza di richiesta di sospensione del giudizio, ai seni dell'art. 279, quarto comma, cod. proc. civ., proveniente da altro procuratore, dovesse intendersi equivalente ad una adesione all'istanza, mostrando una sostanziale non avversità ad essa).

(massima n. 2)

L'identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere compiuta in base al principio dell'apparenza, vale a dire con riferimento esclusivo alla qualificazione dell'azione effettuata dal giudice nello stesso provvedimento, indipendentemente dall'esattezza di essa, nonché da quella operata dalla parte, potendo, in ogni caso, il giudice "ad quem" esercitare il potere di qualificazione, che non sia stato esercitato dal giudice "a quo", non solo ai fini del merito, ma anche dell'ammissibilità stessa dell'impugnazione. (Nella specie, la S.C. ha qualificato l'impugnato provvedimento di sospensione, mancando in esso un espresso richiamo normativo, come adottato ai sensi dell'art. 279, quarto comma, cod. proc. civ., e non ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ., essendo stato pronunciato in seguito alla proposizione dell'appello avverso la sentenza non definitiva, sull'istanza del difensore della parte appellante e, dunque, con riferimento ad una vicenda interna alla medesima causa).

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