Cassazione penale Sez. I sentenza n. 3384 del 28 marzo 1995

(3 massime)

(massima n. 1)

In tema di concorso di persone nel reato, una volta dimostrato, anche per facta concludentia, l'intervenuto accordo fra più soggetti in ordine all'attuazione di una determinata azione criminosa, comprensiva anche dei suoi già preventivati, prevedibili sviluppi, la responsabilità di tutti i medesimi soggetti a titolo di concorso pieno anche per l'effettivo verificarsi di tali sviluppi non può essere esclusa dalla circostanza che questi ultimi siano stati dovuti all'iniziativa assunta, nel corso dell'azione, da taluno soltanto dei compartecipi, sulla base di un apprezzamento della contingente situazione di fatto eventualmente non condiviso dagli altri, senza che, peraltro, tale mancata condivisione si sia in alcun modo, nel contesto, manifestata e sempre che, naturalmente, la situazione cui il summenzionato, soggettivo apprezzamento si riferisce rientri nel novero di quelle già astrattamente prefigurate, in sede di accordo criminoso, come suscettibili di dar luogo alla condotta produttrice dell'evento più grave poi, di fatto, realizzato. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto correttamente configurato il concorso ordinario e non quello anomalo di cui all'art. 116 c.p., in un caso in cui, nel corso dell'esecuzione di una rapina a mano armata, uno dei compartecipi, a fronte di un apparente tentativo di reazione della vittima, aveva fatto uso dell'arma nei confronti di quest'ultima, tentando di ucciderla).

(massima n. 2)

L'art. 14, comma 2 della Convenzione europea di estradizione, resa esecutiva in Italia con L. 30 gennaio 1963, n. 300, nel prevedere che, in deroga al principio di specialità, possa in ogni caso darsi luogo a procedimento contumaciale, «in vista ... di una interruzione della prescrizione», non pone affatto come condizione ulteriore quella costituita dalla imminenza del maturarsi della prescrizione stessa, ma indica come finalità atta a legittimare il suddetto procedimento la creazione del fatto interruttivo in sé; il che agevolmente si spiega considerando che vi è sempre un interesse di giustizia a procrastinare il più possibile il termine finale della prescrizione.

(massima n. 3)

L'ordinanza impositiva di una misura cautelare nei confronti di persona della quale è domandata l'estradizione per l'estero presuppone giudizio di prognosi sulle condizioni per una sentenza favorevole all'estradizione; conseguentemente, una volta intervenuta una siffatta pronuncia, non è consentita la revoca della misura se non per sopravvenuta insussistenza delle esigenze cautelari, così come d'altro canto è dato argomentare a contrario dalla disposizione dell'art. 704, comma 4, c.p.p. che prevede la revoca della misura applicata in caso di decisione contraria all'estradizione.

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