Cassazione penale Sez. I sentenza n. 4837 del 28 ottobre 1998

(5 massime)

(massima n. 1)

Ai fini dell'ammissibilità della richiesta di revisione, nel caso previsto dall'art. 630, comma 1, lett. c) c.p.p., per «prove nuove» possono intendersi anche quelle che, pur se entrate a far parte del materiale acquisito nel precedente giudizio di cognizione, non siano comunque state oggetto di valutazione. Anche in tale ipotesi, infatti, al pari di quanto avviene per le prove mai prima dedotte, l'eventuale eliminazione della sentenza di condanna divenuta irrevocabile trae origine non da un riesame critico delle identiche risultanze probatorie, interno al giudizio ipostatizzato dal giudicato, ma da una ricostruzione che muove da ciò che anteriormente il giudice non aveva valutato; il che corrisponde, appunto, all'essenziale requisito distintivo dell'istituto della revisione, qualificato proprio dal fatto che la condanna irrevocabile è sostituita da un decisione di proscioglimento all'esito di un giudizio fondato, in tutto o in parte, su prove diverse da quelle precedentemente esaminate.

(massima n. 2)

Ai fini dell'ammissibilità della richiesta di revisione, una diversa valutazione tecnico scientifica di elementi fattuali già noti ai periti e al giudice può costituire «prova nuova» ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p., quando risulti fondata su nuove metodologie, dal momento che la novità di queste ultime e, correlativamente, dei principi tecnico scientifici applicati, può in effetti condurre alla conoscenza non solo di valutazioni diverse, ma anche di veri e propri fatti nuovi. Ciò, naturalmente, solo a condizione, di applicazioni tecniche accreditate e rese pienamente attendibili dal livello del sapere acquisito dalla comunità scientifica.

(massima n. 3)

In tema di ammissibilità della richiesta di revisione basata sulla prospettazione di «nuove prove», mentre l'art. 631 c.p.p. richiede la formulazione di un giudizio prognostico astratto in ordine alla idoneità dei nuovi elementi di prova, se accertati, a determinare la sostituzione della decisione irrevocabile di condanna con una di proscioglimento, con una qualsiasi delle formule di cui ai richiamati artt. 529, 530, 531 c.p.p. (ivi compresa, quindi, anche quella prevista dal comma 2 del citato art. 530), l'art. 634 c.p.p., nella parte in cui prevede l'inammissibilità della richiesta quando questa risulti «manifestamente infondata», postula un diverso tipo di valutazione, non più astratto ma concreto, in diretta e immediata correlazione col tema d'indagine proposto, ai fini del riscontro in ordine alla persuasività e alla congruenza dei risultati probatori posti a base dell'impugnazione straordinaria. Tale valutazione, peraltro, non può mai consistere in una penetrante anticipazione dell'apprezzamento di merito riservato al vero e proprio giudizio di revisione, da svolgersi nel contraddittorio delle parti, ma implica soltanto una sommaria delibazione degli elementi di prova addotti, finalizzata alla verifica dell'eventuale sussistenza di un'infondatezza che, in quanto definita come Nell'attuale disciplina dell'istituto della revisione, caratterizzata dal fatto che l'intero procedimento è stato affidato ad uno stesso giudice, individuato nella corte d'appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza di primo grado, è del tutto improprio distinguere ancora tra una fase rescindente e una fase rescissoria, come invece poteva farsi sotto l'impero della disciplina dettata dal codice di rito previgente, in cui le due fasi erano effettivamente distinte, essendo la prima devoluta alla Corte di cassazione e la seconda (cui poteva darsi luogo solo previa pronuncia, all'esito della prima, di un annullamento condizionato della sentenza oggetto della richiesta di revisione), ad una corte di merito.«manifesta», deve essere rilevabile ictu oculi, senza necessità di approfonditi esami. Entrambe le valutazioni postulano, tuttavia, la comparazione delle nuove prove con quelle sulle quali si fonda la condanna irrevocabile, di cui occorre quindi identificare il tessuto logico giuridico; comparazione che non richiede soltanto il confronto di ogni singola prova nuova, isolatamente prese, con quelle già esaminate, occorrendo invece che la pluralità di prove riconosciute nuove sia valutata anche unitariamente, vagliandosi, in una prospettiva globale, l'attitudine dimostrativa di esse, da sole o congiunte a quelle del precedente giudizio, rispetto al risultato finale del proscioglimento.

(massima n. 4)

Nell'attuale disciplina dell'istituto della revisione, caratterizzata dal fatto che l'intero procedimento è stato affidato ad uno stesso giudice, individuato nella corte d'appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza di primo grado, è del tutto improprio distinguere ancora tra una fase rescindente e una fase rescissoria, come invece poteva farsi sotto l'impero della disciplina dettata dal codice di rito previgente, in cui le due fasi erano effettivamente distinte, essendo la prima devoluta alla Corte di cassazione e la seconda (cui poteva darsi luogo solo previa pronuncia, all'esito della prima, di un annullamento condizionato della sentenza oggetto della richiesta di revisione), ad una corte di merito.

(massima n. 5)

Quale necessario antecedente logico-giuridico dell'apertura del giudizio di revisione, l'indagine preliminare costituisce un momento interno del procedimento che, risultando finalizzato al vaglio di ammissibilità della richiesta, si sviluppa nei seguenti passaggi, enucleabili dall'art. 634 c.p.p.: a) verifica dell'osservanza delle forme prescritte per l'istanza di revisione e della legittimazione del richiedente; b) riconducibilità delle ragioni per le quali è richiesta la revisione ad una delle ipotesi tassativamente previste dall'art. 630 c.p.p.; c) congruenza, in astratto, ex art. 631 c.p.p., degli elementi sui quali si basa la richiesta; d) non manifesta infondatezza della richiesta stessa.

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