Cassazione penale Sez. V sentenza n. 10167 del 12 marzo 2010

(1 massima)

(massima n. 1)

È illegittima la decisione con cui il giudice di appello rigetti l'istanza di revisione, perché fondata su prove preesistenti che erano nella disponibilità della parte, ritenendo che l'adesione all'accordo per l'applicazione della pena implichi la rinuncia a sottoporle alla cognizione del giudice, in quanto, e da un lato, le prove nuove rilevanti, ex art. 630, comma primo, lett. c), c.p.p., sono, non solo quelle sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente; dall'altro, l'istituto della revisione è applicabile anche alla sentenza di applicazione della pena, in virtù della nuova formulazione dell'art. 629 c.p.p., introdotta con l'art. 3, comma primo, della legge n. 134 del 2003 e, sia pure nell'ambito della peculiarità delle valutazioni e dei limiti che ne caratterizzano la motivazione, il giudice, quantomeno ai fini di accertare o escludere l'esistenza dei presupposti per la pronuncia della sentenza ex art. 129, comma secondo, c.p.p., deve tener conto di tutti gli elementi emergenti dagli atti.

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