Cassazione penale Sez. IV sentenza n. 387 del 20 aprile 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

L'ordinanza camerale assunta ex art. 600 comma secondo c.p.p. (che ricalca l'art. 589 bis vecchio codice di rito), conseguita ad apposita istanza di revoca o sospensione della provvisoria esecuzione della provvisionale, nella fase degli atti preliminari al dibattimento d'appello, seppure autonoma rispetto al profilo penale, è da un lato strutturalmente collegata al merito della vicenda (ancora sub iudice) e dall'altro ha natura meramente interlocutoria, potendo essere modificata nel corso dell'appello. Ne consegue che per il principio di cui all'art. 586/1 c.p.p., tale tipo di ordinanza va impugnata unitamente alla sentenza d'appello e per il principio della tassatività delle impugnazioni ex art. 568 stesso codice non è ricorribile autonomamente in cassazione.

(massima n. 2)

L'unicità del disegno criminoso, e quindi la sussistenza del vincolo della continuazione, può essere riconosciuta in sede esecutiva, ai sensi dell'art. 671 c.p.p. (salvo il caso in cui sia stata esclusa dal giudice di cognizione), anche quando taluna delle singole violazioni sia stata commessa dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna relativa ad altre, sempre che tutte le violazioni appaiano riconducibili ad una iniziale ideazione complessiva e non siano invece sintomo dell'instaurazione di un sistema di vita che sia caratterizzato dall'abitualità di determinati comportamenti illeciti.

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