Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1458 del 25 giugno 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

In materia di impugnazioni, dall'art. 568 c.p.p., che fissa le regole generali, si ricava (primo e secondo comma) che i casi nei quali i provvedimenti sono soggetti ad impugnazione ed i mezzi con cui possono essere impugnati sono stabiliti tassativamente, vale a dire senza possibilità di ampliamento o di restrizione, mentre sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, «quando non sono altrimenti impugnabili», i provvedimenti con i quali si decide sulla libertà; ne deriva che la regola generale in materia de libertate è che il ricorso per cassazione è ammesso nei casi indicati e quando non sono previsti altri rimedi. L'art. 569 c.p.p., quindi, nel prevedere il ricorso immediato per cassazione contro tutte le sentenze appellabili di primo grado — sempre che non sia stato proposto appello da altre parti o queste non vi rinuncino — attiene alla sola fase della cognizione e non pone un principio generale vocabile per ogni impugnazione: e ciò sia per la sua formula inequivoca sia per la sua collocazione sistematica. (Fattispecie in tema di ricorso per saltum in cassazione contro un provvedimento di rigetto di un'istanza diretta ad ottenere la rimessione in libertà).

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