Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2389 del 14 ottobre 1992

(4 massime)

(massima n. 1)

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 548 c.p.p., per asserito contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevede la notificazione della sentenza al difensore nominato dall'imputato dopo la conclusione del procedimento di primo grado ed entro i termini per l'impugnazione della sentenza pronunciata. In linea generale, il legislatore ordinario è libero di stabilire, per l'esercizio del diritto di difesa, presupposti, adattamenti e modalità che non lo rendano impossibile o estremamente difficile. Nell'ipotesi considerata, poi, non è configurabile il minimo ostacolo o intralcio per l'esercizio del diritto di impugnazione, giacchè le parti e i difensori sono posti in grado sia di conoscere l'esatto giorno della decorrenza del termine per la presentazione dell'impugnazione sia di esaminare la motivazione della decisione impugnata, con il solo onere di controllare una sola volta dopo la scadenza del termine per il deposito, se quest'ultimo sia avvenuto tempestivamente; la nomina di un nuovo difensore da parte dell'imputato, in pendenza del termine di impugnazione, rafforza il diritto di difesa e non può certamente dar luogo a nuova decorrenza del termine suddetto.

(massima n. 2)

Per ritenere insussistente l'elemento psicologico del reato di calunnia è necessario che il convincimento della colpevolezza del denunciato, anche se erroneo, sia fondato su elementi seri e concreti e non su mere congetture o supposizioni.

(massima n. 3)

Perché venga integrato l'elemento soggettivo del reato di calunnia nessun rilievo assumono — almeno in linea di massima — i motivi a delinquere. I detti motivi, peraltro, possono acquistare valore sintomatico ai fini della valutazione della prova dell'elemento soggettivo di tale reato. (Nella specie, trattandosi di falsa denuncia proveniente da persona esperta di diritto, la Suprema Corte ha osservato che, ai fini della prova, l'analisi dei motivi a delinquere può assumere rilievo decisivo, per la possibilità che il colpevole si precostituisca una via di uscita allo scopo di sfuggire a responsabilità penale, così da prospettare ragioni diverse da quelle normalmente conseguenti ad una falsa incolpazione).

(massima n. 4)

Perché venga realizzato l'elemento oggettivo del reato di calunnia non è necessario che l'agente delinei i contorni, più o meno precisi, di una fattispecie penalmente rilevante, indicandone anche l'esatto nomen juris, ma è sufficiente che siano portate a conoscenza dell'autorità giudiziaria circostanze di fatto idonee ad integrare un'ipotesi di reato. Spetta, infatti, all'autorità giudiziaria — in primo luogo al pubblico ministero e quindi al giudice — individuare l'esatto inquadramento giuridico dei fatti portati al suo giudizio. Quale possa essere, poi, la qualificazione ad opera del giudice del reato denunciato — anche se in contrasto con la qualificazione adottata dal pubblico ministero — rimane ferma la condotta, essenziale al delitto di calunnia, consistente nell'aver portato a conoscenza dell'autorità giudiziaria o di altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire, circostanze idonee ad indicare taluno come colpevole di un fatto costituente reato in forme tali da rendere possibile (ciò è sufficiente, integrando la calunnia una fattispecie di reato di pericolo) l'espletamento delle indagini.

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