Cassazione penale Sez. II sentenza n. 295 del 26 luglio 1995

(2 massime)

(massima n. 1)

È viziata da illogicità la motivazione che, pur riconoscendo la possibilità di acquisizione di una prova che dimostri in modo diretto la sussistenza o meno di un reato o anche solo di un elemento della fattispecie criminosa dedotta in contestazione, ne escluda l'ammissibilità sul presupposto della sua non indispensabilità o necessità, dovuta alla presenza di prove indiziarie e logiche ritenute sufficienti per la decisione in ordine al reato nel suo complesso o ad un elemento di esso. Ciò in omaggio ad un principio di gerarchia delle prove, implicito nel nostro sistema processuale, in virtù del quale la prova diretta prevale su quella indiziaria, e logica, in quanto idonea più di questa a dimostrare il thema probandum ed a costituire pertanto fondamento della certezza morale e giuridica che è presupposto indispensabile di una sentenza di condanna.

(massima n. 2)

Gli elementi caratterizzanti il delitto tentato, e cioè l'idoneità e l'univocità dell'azione, sono riscontrabili anche negli atti cosiddetti preparatori, cioè anteriori all'inizio dell'esecuzione, quando questi siano potenzialmente idonei a produrre l'evento e contemporaneamente rivelino in modo non equivoco l'intenzione di commettere il delitto. (Fattispecie — in cui è stato ritenuto configurabile il tentativo di truffa — relativa al possesso, da parte di alcune guardie giurate, nel corso del servizio notturno di vigilanza, di chiavi atte ad aprire i congegni ad orologeria predisposti per il controllo periodico, sì da far apparire, con la loro manomissione, che tali controlli fossero effettuati nelle ore stabilite).

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