Cassazione penale Sez. I sentenza n. 1723 del 10 febbraio 1994

(1 massima)

(massima n. 1)

La violazione dell'obbligo, previsto dall'art. 511 c.p.p., di dar lettura degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, ovvero di indicare quelli utilizzabili ai fini della decisione, non può essere considerata come causa di nullità, non essendo essa specificamente sanzionata in tal senso, né apparendo inquadrabile in alcuna delle cause generali di nullità previste dall'art. 178 c.p.p. La detta violazione, inoltre, non può neppure dar luogo ad inutilizzabilità, ai sensi dell'art. 191 c.p.p., degli atti di cui è stata omessa la lettura o l'indicazione, non incidendo essa sulla legittimità della acquisizione delle prove documentate negli atti anzidetti, e facendosi, d'altra parte, riferimento, sia nel citato art. 191 c.p.p., sia nell'art. 526 stesso codice (secondo il quale il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento), al solo concetto, appunto, di «acquisizione», e quindi ad una attività che, logicamente e cronologicamente, si distingue, precedendola, da quella di lettura o indicazione degli atti inseriti nel fascicolo del dibattimento.

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