Cassazione penale Sez. I sentenza n. 12496 del 4 novembre 1999

(3 massime)

(massima n. 1)

Il controllo della logicità della motivazione va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza la possibilità di verificare se i risultati dell'interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo; sicché nella verifica della fondatezza, o non, del motivo di ricorso ex art. 606, comma primo, lett. e), c.p.p., il compito della Corte di cassazione non consiste nell'accertare la plausibilità e l'intrinseca adeguatezza dei risultati dell'interpretazione delle prove, coessenziale al giudizio di merito, ma quello, ben diverso, di stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano dato esauriente risposta alle deduzioni delle parti e se nell'interpretazione delle prove abbiano esattamente applicato le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Ne consegue che, ai fini della denuncia del vizio ex art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p., è indispensabile dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica e che non è, invece, producente opporre alla valutazione dei fatti contenuta nel provvedimento impugnato una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, dato che in quest'ultima ipotesi verrebbe inevitabilmente invasa l'area degli apprezzamenti riservati al giudice di merito.

(massima n. 2)

Nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l'esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha precisato che, qualora si tratti di prova irripetibile, il giudice può disporre d'ufficio la lettura delle dichiarazioni raccolte, nel contraddittorio delle parti, da un diverso giudice e inserite legittimamente negli atti dibattimentali, a condizione che nessuna delle parti abbia esercitato la facoltà di richiederne la rinnovazione).

(massima n. 3)

Non sussiste concorso apparente di norme tra la figura di reato prevista dall'art. 575 c.p. e quella prevista dall'art. 703 stesso codice, perché le due fattispecie si differenziano, oltre che per la diversa oggettività giuridica, per gli elementi costitutivi che la compongono.

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