Cassazione penale Sez. I sentenza n. 9243 del 27 febbraio 2003

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di giudizio immediato, non sussiste alcuna preclusione alla formulazione, da parte dell'imputato — qualora sussistano i presupposti e le condizioni processuali e non siano perenti i termini — di una richiesta in via subordinata di rito abbreviato, ove non sia accolta quella, avanzata in via principale, di applicazione della pena, non ostandovi il disposto dell'art. 456, comma 2, c.p.p. — riferibile unicamente, come si desume dall'uso della disgiunzione, all'obbligo di opzione gravante sull'imputato, suscettibile di essere soddisfatto anche in presenza di un'istanza subordinata — e trattandosi di modalità distinte di instaurazione del rito, scevre di indebite commistioni ed inammissibili trasformazioni.

(massima n. 2)

La competenza a decidere sulle richieste di applicazione della pena e di giudizio abbreviato, avanzate dall'imputato rispettivamente in via principale e in via subordinata, in caso di mancato accoglimento della prima istanza, appartiene al Gip, atteso che solo dopo l'inutile decorso del termine previsto dall'art. 458, comma 1, c.p.p. e dal combinato disposto di tale articolo e dell'art. 446, comma 1, c.p.p., il giudice si spoglia del procedimento, disponendo, ex art. 457 c.p.p., la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento.

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