Cassazione penale Sez. V sentenza n. 1889 del 9 giugno 1999

(1 massima)

(massima n. 1)

La natura particolare del rito previsto dall'art. 444 c.p.p. non esclude l'applicabilità della dichiarazione di falsità degli atti e dei documenti prevista dall'art. 537 c.p.p. attesoché la sentenza pronunciata sull'accordo delle parti è equiparata ad una sentenza di condanna e non prevede espressamente l'esclusione della dichiarazione di falsità. Ne consegue che il giudice, nel procedimento disciplinato dall'art. 444 c.p.p., è tenuto a dichiarare la falsità degli atti e dei documenti accertata nel corso del dibattimento, indipendentemente dalle pattuizioni delle parti. Detta dichiarazione trova la sua ratio nell'interesse pubblico ad eliminare gli effetti di affidabilità di atti o documenti accertati come falsi e nell'ipotesi in cui essa sia omessa il giudice di legittimità non può provvedervi mediante il procedimento di rettificazione, ai sensi dell'art. 619 c.p.p., dal momento che il terzo comma dell'art. 537 c.p.p. riconosce alle parti il diritto all'impugnazione, anche autonomo.

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