Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 937 del 10 gennaio 2002

(3 massime)

(massima n. 1)

In tema di valutazione della prova, l'elemento di riscontro oggettivo ed esterno dell'attendibilità della chiamata in correità, richiesto dall'art. 192, terzo comma, c.p.p., può essere costituito anche dalla deposizione testimoniale resa dal terzo in ordine a circostanze apprese direttamente dal dichiarante, quando quest'ultima apporti autonomi elementi di prova circa l'attendibilità del chiamante diretto sul thema probandum, cioè sul fatto di cui all'imputazione.

(massima n. 2)

L'invito a presentarsi per rendere interrogatorio, che a norma dell'art. 416, comma 1, c.p.p. (nel testo novellato dal'art. 2, comma 2, della legge 16 luglio 1997 n. 234 e antecedente alla modifica apportata dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479) deve precedere la richiesta di rinvio a giudizio, ha la finalità di rendere possibile all'indagato di esporre le sue difese in ordine all'imputazione prima dell'esercizio dell'azione penale, onde essere eventualmente in grado di evitare il rinvio a giudizio. Ne consegue che non spiega alcuna conseguenza invalidante l'omissione di questa formalità nel caso in cui l'imputato ha chiesto ed ottenuto di essere giudicato con rito abbreviato, poiché, con l'accettazione di un giudizio allo stato degli atti, egli non tende a impedire la devoluzione del processo al giudice del dibattimento, ma vuole solo difendersi dall'accusa davanti al giudice per l'udienza preliminare.

(massima n. 3)

Nel giudizio abbreviato è ammissibile la richiesta dell'imputato di sottoporsi ad interrogatorio ai sensi dell'art. 421 secondo comma c.p.p., purché sia avanzata prima dell'inizio della discussione per non alterare le regole del contraddittorio in relazione agli elementi di difesa apportati dall'imputato, sui quali deve essere ammessa la facoltà delle altre parti di prendere la parola.

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