Cassazione penale Sez. V sentenza n. 155 del 1 aprile 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

In virtù della sentenza 16 luglio 1991, n. 353 Corte cost., è esperibile il ricorso per cassazione nel caso di decreto di archiviazione emesso dal giudice per le indagini preliminari senza preventivo avviso alla persona offesa che abbia ritualmente manifestato la volontà di essere informata dell'eventuale richiesta di archiviazione del pubblico ministero, stante l'identità della ratio normativa con l'ipotesi del ricorso previsto dall'art. 409, sesto comma c.p.p., avverso l'ordinanza di archiviazione emanata dal giudice per le indagini preliminari all'esito dell'udienza in camera di consiglio (art. 409, secondo comma c.p.p.).

(massima n. 2)

Nel contesto normativo del nuovo codice di procedura penale deve affermarsi l'esistenza di un vero e proprio diritto di intervento della persona offesa dal reato nel procedimento di archiviazione allorquando la stessa persona offesa abbia adempiuto l'onere della dichiarazione di cui all'art. 408 comma secondo c.p.p., e la conseguente impugnabilità del provvedimento di archiviazione, ove emesso in violazione di tale diritto, attraverso il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 409 comma sesto c.p.p. Il Gip, a fronte di una richiesta di archiviazione per essere rimasti ignoti gli autori del fatto reato denunziato, non può disporre l'archiviazione per il titolo affatto diverso dell'infondatezza della notitia criminis, poiché così operando verrebbe a privare la persona offesa di quei diritti e garanzie processuali (facoltà di ottenere avviso della richiesta del P.M.; diritto di fare opposizione proponendo investigazioni suppletive ed elementi di prova; diritto di partecipare all'udienza in camera di consiglio, di presentare memorie in cancelleria e di essere sentita) previsti nel procedimento di archiviazione ordinario e non invece in quello contro ignoti

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