Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1630 del 8 luglio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

Il controllo sulla legittimità del fermo, che il giudice esegue in contraddittorio con le parti nel corso di un'udienza in camera di consiglio, ha per oggetto il riscontro dell'esistenza di un pericolo di fuga dell'indagato e della presenza a suo carico di gravi indizi di colpevolezza per uno dei reati indicati nell'art. 384 c.p.p. Gli elementi che possono far ritenere fondato il pericolo di fuga, ai fini della legittimità del fermo, devono essere anzitutto «specifici», ossia dotati di capacità di personalizzazione, indirizzata proprio nei confronti di quel singolo individuo che si sospetta stia per darsi alla fuga (sicché deve essere esclusa la possibilità di ritenere fondato il pericolo di fuga di un soggetto solo perché altro, ancorché coindagato, si sia già dato alla fuga; il pericolo di fuga, inoltre, non può essere semplicemente presunto, ma deve trarre origine da elementi «concreti», sicché non può essere meramente ipotizzato né ritenuto sulla sola base del titolo di reato in ordine al quale si indaga, perché quest'ultimo elemento costituisce limite della esperibilità del fermo (in relazione alle pene edittali previste ed all'oggetto del reato), non elemento che di per sé configuri la probabilità di fuga.

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