Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2217 del 19 settembre 1997

(2 massime)

(massima n. 1)

Il delitto di evasione, in tutte le ipotesi delineate dall'art. 385 c.p., ha natura di reato istantaneo con effetti permanenti. Nella fattispecie prevista dal comma terzo di tale articolo, il reato si consuma nel momento stesso in cui il soggetto agente si allontana dal luogo degli arresti domiciliari, non diversamente da ciò che si verifica per il caso di evasione dal luogo di detenzione, di cui al primo comma.

(massima n. 2)

Il giudice investito del giudizio direttissimo e della contestuale convalida dell'arresto deve in ogni caso provvedere, positivamente o negativamente, sulla richiesta di convalida, non potendo omettere di pronunciarsi su tale richiesta per la ritenuta insussistenza di taluno dei presupposti per l'instaurazione del giudizio direttissimo. (Fattispecie in cui il giudice, aveva ritenuto che, non potendo procedere a giudizio direttissimo trattandosi di arresto avvenuto fuori flagranza - peraltro in una ipotesi di evasione, per la quale la legge consente l'arresto prescindendo dalla flagranza - non gli era consentito nemmeno di provvedere sulla richiesta di convalida, considerata funzionalmente collegata alla competenza in ordine al rito).

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