Cassazione penale Sez. II sentenza n. 24279 del 4 giugno 2003

(1 massima)

(massima n. 1)

La qualità di indagato non può essere stabilita dal giudice in via presuntiva, in quanto essa va desunta dall'iscrizione nell'apposito registro a seguito di specifica iniziativa posta in essere dal pubblico ministero (ex art. 335 c.p.p.) o da un fatto investigativo che qualifichi di per sè il soggetto come persona sottoposta ad indagini (ad es. fermo od arresto). Di conseguenza la persona offesa che ha reso alla polizia giudiziaria versioni contrastanti sui fatti, non può, per ciò solo, essere considerata indagata di favoreggiamento personale, da intendersi collegato a quello per cui si procede, ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b), c.p.p. (Nella fattispecie, la parte offesa di un delitto di estorsione, dopo avere reso alla polizia giudiziaria dichiarazioni accusatorie, le aveva ritrattate in conseguenza delle minacce ricevute ed il tribunale del riesame aveva affermato che anche le prime dichiarazioni dovevano essere sottoposte a verifica ex art. 192 c.p.p., ritenendo erroneamente che la persona offesa avesse comunque assunto la qualità di coindagato).

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