Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2159 del 7 settembre 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

L'ordinanza che dispone il sequestro preventivo non deve essere motivata sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza, non essendo i detti indizi richiesti fra i presupposti applicativi; e ciò in quanto è sufficiente per l'adozione della detta misura cautelare reale la presenza di un fumus boni iuris e cioè l'ipotizzabilità in astratto della commissione di un reato, rilevabile dalla pendenza di un'imputazione e senza alcuna possibilità di apprezzamento quanto alla fondatezza dell'accusa ed alla probabilità di una pronuncia sfavorevole per l'imputato. Consegue che nel giudizio incidentale di impugnazione avverso il provvedimento che dispone il sequestro preventivo il controllo del giudice del riesame non può investire la concreta fondatezza dell'accusa, ma deve limitarsi all'astratta possibilità di assumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato. Tanto meno tali questioni possono formare oggetto di ricorso per cassazione, non essendo possibile surrettiziamente introdurre in sede di legittimità un controllo che investa, sia pure in via incidentale, il merito dell'imputazione. (Applicazione al reato di cui all'art. 221 del testo unico delle leggi sanitarie. La corte ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo dell'edificio privo della licenza di abitabilità).

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