Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2148 del 19 giugno 1997

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di misure di prevenzione il giudice non deve raggiungere la prova dell'appartenenza ad una associazione mafiosa, ma raccogliere un contesto indiziario univoco sufficientemente indicativo della pericolosità del soggetto.

(massima n. 2)

In tema di sequestro preventivo, quando l'indicazione del reato commesso non sia un mero riferimento alla norma violata, ma sia supportata da elementi che la rendano astrattamente ipotizzabile, non è necessaria la individuazione dettagliata del fatto nei suoi limiti soggettivi o temporali poiché il provvedimento cautelare trova fondamento nel pericolo di un aggravamento delle conseguenze del reato e non nella gravità degli indizi di colpevolezza a carico di un soggetto individuato. Inoltre, per legittimare il sequestro, non è necessario che sussista già la piena prova della pertinenza della cosa al reato, essendo sufficiente che sussistano fondati motivi per ritenere la pertinenza stessa. Perciò in tema di procedimenti per reati di bancarotta fraudolenta deve ritenersi legittimo il sequestro preventivo di tutti i depositi bancari, i titoli e i conti correnti intestati agli indagati quando vi sia motivo di ritenere che tali somme possano essere utilizzate per sottrarre beni alla curatela o per compiere ulteriori delitti di bancarotta senza che il giudice debba fornire indicazioni di dettaglio sulle condotte distrattive già accertate o sui rischi di aggravamento delle conseguenze dei reati commessi, o di commissione di nuovi, con riferimento ai singoli cespiti sottoposti a sequestro.

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