Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 506 del 4 maggio 1999

(1 massima)

(massima n. 1)

Per i provvedimenti in materia cautelare, diversi da quelli genetici e soggetti, come tali ad appello ex articolo 310 c.p.p., la preclusione del c.d. giudicato cautelare vale, relativamente alle censure che ne potevano formare oggetto, anche in caso di mancata proposizione o di declaratoria di inammissibilità del gravame; e ciò in forza del carattere devolutivo del mezzo, che, altrimenti, ne risulterebbe vanificato. Ne consegue che qualora si tratti di stabilire quali siano stati i periodi di sospensione dei termini di custodia cautelare massimi nella fase successiva al rinvio a giudizio dell'imputato, dei quali il giudice deve tener conto ai fini della richiesta di scarcerazione, in presenza di ordinanze non appellate che abbiano disposto la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, non è più possibile contestare la legittimità delle sospensioni disposte in virtù di pregresse ordinanze non impugnate, ancorché se ne eccepisca la nullità per contrasto con le lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 304 c.p.p.

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