Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1720 del 5 agosto 1999

(2 massime)

(massima n. 1)

L'inosservanza dei termini stabiliti per lo svolgimento e la conclusione del procedimento di riesame, se non dedotta o rilevata prima che la decisione adottata all'esito di detto procedimento sia divenuta definitiva, non può essere più dedotta o rilevata in epoca successiva. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che legittimamente il giudice procedente, al quale era stato chiesto di dichiarare l'inefficacia di un'ordinanza di custodia cautelare per mancata osservanza, a suo tempo, nel procedimento di riesame, del termine di cinque giorni previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p. per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame — secondo l'interpretazione che di detta disposizione aveva successivamente dato la Corte costituzionale con la sentenza n. 232/98 — avesse respinto detta richiesta sulla base dell'osservazione che, all'atto della citata pronuncia della Corte costituzionale, il procedimento di riesame si era già esaurito con decisione definitiva).

(massima n. 2)

L'interpretazione data dalla Corte costituzionale con la sentenza 232 del 1998 (che ha chiarito che il termine di cinque giorni, entro il quale gli atti devono pervenire al giudice del riesame, decorre dal momento di presentazione della richiesta al tribunale e non da quello in cui l'autorità procedente riceve avviso) non esplica effetti in quei procedimenti nei quali, al momento di emanazione della predetta sentenza, la fase incidentale de libertate risultava già conclusa con decisione definitiva. Infatti, la sanzione processuale di cui al comma 10 dell'art. 309 c.p.p. è finalizzata ad assicurare rapidità e certezza al procedimento di controllo di legittimità della custodia cautelare; a tanto consegue che, una volta che detto procedimento si sia esaurito con la verifica della sussistenza dei presupposti probatori e cautelari della detenzione, si esaurisce, del pari, la posizione giuridica processuale legata al rispetto dei termini temporali del procedimento. Non vi sarebbe infatti, in tal caso, ragione di invocare il mancato rispetto dei termini posti a presidio della celerità e certezza del procedimento, perché tale esigenza appare ormai superata dalla intervenuta decisione sul punto. (Fattispecie in cui, nel procedimento di riesame — conclusosi prima della emanazione della sentenza della Corte costituzionale 232/98 — non era stata dedotta né rilevata di ufficio l'inosservanza del termine di cui al comma quinto dell'art. 309 c.p.p.. La cassazione ha ritenuto che, essendosi in tal caso il procedimento concluso, con l'accertamento della legittimità sostanziale della misura restrittiva, si era, di conseguenza, verificata una preclusione endoprocessuale, che poteva essere superata solo con la deduzione di questioni di merito attinenti alla legittimità della misura, ma non anche con la deduzione della violazione dei termini da calcolarsi, secondo la interpretazione della Corte costituzionale, successivamente intervenuta).

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