Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 639 del 17 maggio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

Il procedimento disciplinato dagli artt. 309, 310 e 311 c.p.p. introduce, nel corso delle indagini preliminari o nel processo di cognizione, una fase incidentale rivolta alla immediata tutela della sfera di libertà individuale. Consegue che il ricorso alle istanze giurisdizionali in materia di misure cautelari personali è finalizzato soprattutto alla verifica del permanere, allo stato, delle condizioni che giustificano la compressione di tale sfera, sicché una volta ripristinata la situazione naturale di libertà, vengono a cadere le ragioni che imponevano un accertamento parziale sui provvedimenti che avevano imposto le misure stesse. Né può essere invocato un interesse del soggetto, nei cui confronti le misure non sono più operanti, ad ottenere comunque una pronuncia che stabilisca se tali misure erano state disposte o meno correttamente, applicate o mantenute secondo i criteri dettati dalla legge, sia perché l'interesse a qualsiasi pronuncia giurisdizionale deve essere concreto, attuale e giuridicamente apprezzabile e non legato ad una pretesa eventuale e astratta, sia perché l'accertamento nel procedimento di libertà è meramente incidentale e non può costituire oggetto di decisione definitiva, utilizzabile per altre azioni in sedi diverse.

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